Al Plesso Collodi di Partanna tutto funziona bene…E guai a chi parla!

di Antonino Bencivinni       Accingendoci a raccontare quanto sia successo negli ultimi mesi a proposito della Scuola dell’Infanzia del plesso Collodi di Partanna, non possiamo che esordire col dire “Vergogna!”. Per ragioni connesse a lavori di ripristino dei locali del plesso scolastico di via Messina, gli alunni allocati in questo plesso (118 in tutto, distribuiti in 5 sezioni) sono stati “provvisoriamente” trasferiti al plesso Collodi per tutta la durata dei lavori. I bambini del plesso di via Messina, quindi, fin dall’inizio dell’anno scolastico sono stati messi assieme a quelli già presenti nel plesso Collodi per un totale di circa 256 alunni da spalmare in 6 classi di scuola elementare e 6 sezioni di scuola materna e un refettorio. Non ci vuole essere grandi pedagogisti per capire le non poche difficoltà da superare, necessariamente con molta pazienza, in mancanza di altre soluzioni più consone (ad esempio, si potevano varare i doppi turni, ma non sta a noi dirlo qui ed ora). In questa situazione difficile (evidenziata dalla stessa preside nella sua lettera: “una situazione che vede n. 6 sezioni in locali che ne potrebbero contenere non più di 3, e che sono privi di sala di accoglienza e di locale mensa”), se c’è qualche cosa che non funziona, eufemisticamente parlando, in maniera ottimale, non è difficile che succeda qualcosa che magari risulti spiacevole. E’ in fondo la situazione sollevata da un genitore che ha inviato una lettera a Kleos pubblicata nel numero di aprile 2016 e che, ad ogni buon conto, per una maggiore comprensione della vicenda, ripubblichiamo qui sotto. Il genitore, la cui identità è nota al giornale, non ha voluto renderla pubblica per ragioni sue. La lettera la ripubblichiamo perché possa essere chiaro a tutti la “normale” sottolineatura di un disagio di interesse pubblico, manifestato attraverso un giornale. La pubblicazione della lettera ha sollevato (vogliamo dire così?) le ire delle docenti che – trascinate da amore di conoscenza (e di che se no?) – addirittura sono andate a casa del direttore di Kleos per chiedere il nome del genitore: dimenticando (o forse non sapendo affatto) che la legge sulla stampa tutela la segretezza delle fonti per le cose veramente serie (come vicende di criminalità organizzata e quant’altro), figuriamoci per quanto scritto nella lettera il cui contenuto, serio per quanto si voglia, non è paragonabile alle questioni citate sopra a mo’ di esempio. La preside, dal canto suo, ha sentito il bisogno di fare scudo con le sue docenti e la sua scuola, anche se, nella lettera di risposta al genitore, inviata a Kleos e pubblicata nel numero di maggio (pag. 6), ha dovuto riconoscere – bontà sua – la presenza di “criticità”. E come non riconoscere criticità, quando a prescindere dalla lettera del genitore pubblicata da Kleos, a scuola sono andati – e non è un segreto per nessuno – anche i Nas a controllare che tutto fosse a posto e che a posto proprio non era? Proprio per evitare sovraffollamenti anche per mangiare (ed i bambini hanno pure questo difetto: vogliono ad un certo punto della loro giornata pure mangiare!), si è pensato, come soluzione alle richieste dei Nas, al ritorno dei bambini al plesso di via Messina, cosa possibile in quel momento dato lo stato raggiunto dai lavori. “C’è stata una visita dei Nas – ci ha detto, infatti, l’assessore alla Pubblica Istruzione Angelo Bulgarello – che hanno dato prescrizioni relativamente al refettorio. Noi siamo intervenuti accelerando il più possibile la fine dei lavori nel plesso di via Messina dove è stato possibile far rientrare gli alunni il 6 maggio, secondo quanto ha stabilito la scuola”. Al Sud non ci scandalizzano cose del genere, per cui potremmo quasi dire che fin qui, con una dialettica magari forte, si è registrata una, sia pure abbastanza criticabile, “ordinaria amministrazione”. Il guaio è che qualcuno ha voluto fare un punto più del mastro e, pensate, queste sono state le maestre che invece di badare a tutte le (per usare un eufemismo) anomalie in cui si sono trovate ad operare per mesi, dato il notevole numero di alunni presenti nel plesso, evidenziato peraltro dalla stessa preside nella lettera, ed invece di ritenere che certe lamentele dei genitori potevano rispondere ad una situazione oggettiva da tenere il più possibile sotto controllo, anche se antipatica, hanno pensato di fare una denuncia-querela al genitore che ha scritto la lettera di disagio (che qui sotto ripubblichiamo) e al giornale che l’ha pubblicata; dicevamo una denuncia-querela per “diffamazione a mezzo stampa”!. Ecco perché diciamo “Vergogna!”. Prima bastava il diploma per essere maestri, poi c’è voluta la laurea, ora che ci vorrà il dottorato? Ovviamente, lungi da noi generalizzare. Abbiamo contezza che sono tantissimi gli insegnanti che sanno che cos’è la diffamazione (e magari la sanno ben spiegare ai loro alunni), sono tantissimi gli insegnanti che conoscono l’importanza della segretezza delle fonti, della libertà di informazione e di stampa e, più che ostacolarla, si impegnano a farla rispettare ed amare da tutti. Ci dispiace, però, che non sia stato affatto il caso di quelle maestre.


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