La Fuitina

Non si tratta di un racconto ma di una realtà storica siciliana che i giovani forse avranno sentito raccontare e di cui se ne ridono.

Una volta (diciamo fino agli anni ’50 circa) i matrimoni erano combinati fra i genitori dei probabili futuri sposi. Il primo passo spettava farlo ai genitori del ragazzo, che si recavano presso i genitori della ragazza, per chiedere la mano della figliola. Se tutto procedeva per il verso giusto, in quella o in un’altra occasione si doveva risolvere anzitutto il problema della dote; le parti, infatti, si dovevano impegnare formalmente per la donazione (prima del matrimonio) di determinati beni mobili o immobili ai rispettivi figli. A questo punto i due fidanzati si potevano conoscere.

Durante il fidanzamento, che doveva durare diversi anni, c’era uno scambio continuo di doni ad ogni festa o ricorrenza.

Otto giorni prima del matrimonio, in casa della futura sposa, si faceva un banchetto, che si poteva considerare un addio al nubilato, a cui partecipavano i parenti più intimi d’ambo le parti. Nello stesso periodo, essa metteva in bella mostra “la biancheria esposta” (tutto il suo corredo di sposa). In quell’occasione gli invitati alle nozze portavano i regali e ammiravano la biancheria.

La biancheria era tutta lavorata e ricamata a mano, spesso dalla stessa fidanzata; si trattava di veri capolavori artigianali, che facevano parte della dote.

Il corredo, composto di tovaglie da tavola, lenzuola matrimoniali, asciugamani di lino, nonché “causi di tila, bustidda (o bustina), suttana e pacchiana” (mutande, reggiseno, sottana e camicia da notte), ad eccezione delle persone più povere, era costituito da 12 pezzi per ogni capo di biancheria (biancheria a 12); in più c’erano le coperte, le tende, ecc..

Alcuni di questi manufatti, fra i più pregiati per qualità e motivi ornamentali, spesse volte non erano usati per tutta la vita o occasionalmente in qualche cerimonia, puerperio, malattia. Gli asciugamani di lino, riccamente lavorati, erano usati solamente, quando si aspettava la visita del medico; ricordo che in quell’occasione, l’asciugamano restava appeso alla “vacilera” di ferro battuto, preparata per il medico, con “vacili e cannata” (bacinella e brocca) di lamiera smaltata, pieni d’acqua.

Con la nascita di una femminuccia, la madre iniziava subito a preparare la biancheria per la dote, spesse volte da lei stessa ricamata  e cucita; un proverbio allora diceva: “la figghia ‘nta la fascia e la doti ‘nta la cascia”.

Seguivano le spese per l’abito matrimoniale, per la cerimonia in chiesa e per  il trattenimento.

Quanto detto, andava bene per coloro che potevano, anche con pagamenti di lunghe rate, o in qualche altro modo affrontare tali spese; purtroppo c’erano famiglie molto povere che non avevano soldi né per il corredo né per lo sposalizio. Dovendo, tuttavia, anche loro mettere su famiglia, adottavano il sistema economico e sbrigativo della “fuitina”, cioè i due innamorati scappavano di nascosto (si fa per dire) dei genitori.

A fatto compiuto, dopo alcuni giorni trascorsi in un casolare o in casa di parenti od amici consenzienti, doveva seguire immancabilmente il matrimonio riparatore, senza festa.

Un proverbio in merito diceva: “Lu fuiri è vriogna, ma è sarvamentu di vita”.

Un altro matrimonio riparatore avveniva, quando un giovane innamorato e non corrisposto, non potendo ottenere per vie normali la mano di una ragazza, la sequestrava con l’aiuto d’altri complici e la violentava. A questo punto la ragazza e quindi i suoi genitori, non potevano più rifiutare il matrimonio riparatore col suo stupratore, poiché, non essendo più vergine, nessuno l’avrebbe più cercata e sarebbe rimasta zitella.

In sede giudiziaria, l’articolo 544 del codice penale (abrogato nel 1981) prevedeva che, per i delitti di violenza carnale, il matrimonio con la persona offesa avrebbe estinto il reato, anche per gli eventuali complici del sequestratore. Abrogato tale articolo, la nuova legge n. 442 del 05/08/1981, ha abolito la possibilità di cancellare con il matrimonio una violenza sessuale.

   Vito Marino


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