Programma sperimentale per la cura del carcinoma polmonare al P.O. S.Antonio Abate di Trapani

Come anticipato lo scorso luglio dal Giornale di Sicilia, che annunciava l’accordo tra l’ASP di Trapani e l’azienda farmaceutica Bristol Mayers Squibb per la fornitura a titolo gratuito per “uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica” secondo il DM 8 maggio 2013, siamo all’inizio della fase di sperimentazione, presso il nostro nosocomio provinciale di riferimento, di uno studio definito “expanded access”, ovvero “protocollo di accesso allargato” al fine di assicurare al paziente l’accesso a terapie farmacologiche che hanno superato le fasi preliminari di sperimentazione, per una patologia a grosso impatto sociale per la quale non esiste valida alternativa terapeutica. Si tratta di un momento storico per la nostra provincia ma direi anche per l’intera Sicilia, perchè finalmente possiamo dire con orgoglio che qui da noi i pazienti affetti da una grave patologia come il carcinoma polmonare avranno una nuova speranza di sopravvivenza e comunque avranno la possibilità di utilizzare la terapia più avanzata in tutto l’intero pianeta, e per di più a titolo gratuito sia per il paziente che per l’Azienda Sanitaria. Per la precisione i pazienti ammessi al programma saranno quelli affetti da un sottotipo di tale patologia chiamato carcinoma polmonare non a piccole cellule istotipo non squamoso. Ma a breve sarà ammessa la sperimentazione anche per il sottotipo squamoso, in quanto il farmaco in questione, il Nivolumab, si è dimostrato molto promettente anche per tale sottotipo. Tutto è nato da un’idea del primario del reparto di Oncologia Medica, il dr. Filippo Zerilli, e del suo staff, del quale faccio parte anch’io, che in collaborazione con l’interfaccia medica dell’azienda farmaceutica in questione avevamo apprezzato gli studi clinici molto promettenti del Nivolumab, che evidenziavano un aumento della sopravvivenza globale mediana di circa 3 mesi rispetto ad un trattamento standard (12,2 mesi vs 9,4 mesi), con una riduzione del rischio di morte del 27% a favore di Nivolumab e con un aumento dal 39% al 51% della percentuale di sopravvivenza ad un anno. Il farmaco ha un meccanismo d’azione molto diverso da tutti gli altri utilizzati fin’ora per la patologia in questione, in parole povere (e per non annoiarvi troppo) utilizza un sistema di attivazione del nostro sistema immunitario che rende i sistemi già fisiologicamente deputati alla protezione del nostro organismo verso i tumori particolarmente attivi ed aggressivi verso le cellule tumorali, distruggendole in grossa parte, quando con le terapie tradizionali invece le cellule del sistema immunitario erano praticamente distrutte a causa dell’infusione di agenti che al fine di distruggere le cellule tumorali non avevano purtroppo molta selettività e quindi andavano a distruggere tutti i tipi di cellule in elevata riproduzione e dunque anche le cellule del sistema immuitario. Dunque sfruttando la prima citata legge dello Stato Italiano (DM 8/5/2003) che ci dà la possibilità di utilizzare un farmaco in via sperimentale ed a titolo gratuito (previo consenso informato da parte del paziente) per una grave patologia senza valida alternativa terapeutica, abbiamo avviato il meccanismo burocratico con la nostra azienda e con l’azienda fornitrice al fine di poter avviare nel nostro reparto tale sperimentazione. Adesso siamo giunti al punto di raccogliere i frutti del nostro lavoro e ci troviamo in una fase di selezione dei pazienti che potranno accedere a tale programma. Ovviamente per chi sta leggendo ed è interessato alla partecipazione non deve fare altro che prenotare una visita oncologica presso il nostro reparto di oncologia previa impegnativa del medico curante e recarsi qui da noi per una visita al fine di accertarci che il paziente possa rientrare nei criteri di inclusione dello studio. Per concludere posso dire che è con immenso orgoglio che ho scritto questo pezzo perchè per una volta interromperemo l’usanza purtroppo da noi spesso conosciuta che per curarsi bene si deve andare fuori, spesso nel nord Italia o addirittura all’estero. In questo caso il malato non sarà costretto ad “emigrare” per avere una speranza, ma potrà coltivare qui nel nostro territorio tale speranza grazie, e finalmente, ad un episodio di buona sanità.

Fabrizio Barone


Pubblicato

in

da

Tag: