Sicily di Vito Piazza Edizioni Mursia

E ’ una mattina dal colore incerto sulla montagna che sovrasta Nakona, la più siciliana delle città siciliane…” Il linguaggio di Sicily di Vito Piazza edizioni Mursia, si presenta nietzschianamente dionisiaco contrapposto a quello apollineo del giorno pieno di sole. Ciò che colpisce subito del libro di Piazza non sono tanto i contenuti, quanto lo stile. Siamo abituati a leggerlo sempre in “chiaro” e se un pregio hanno avuto i libri di Vito Piazza, è stato sempre quello della chiarezza. Gli studiosi non solo locali o nazionali e oltre (il suo Maria Montessori è stato tradotto in Brasile) riconoscono al nostro scrittore – a Partanna conosciuto solo come “l’ispettore”- non solo le sue qualità di ricercatore universitario (II cattedra di Psicologia clinica all’Università statale di Milano) e le innovazioni apportate nel mondo dell’handicap, ma quel suo procedere stilistico quasi da maestro elementare. Sicily dimostra con il suo linguaggio quanto sia difficile essere semplici. E a ben pensarci, i contenuti di questo libro richiedevano e richiedono un linguaggio onirico, quasi dettato in punta di piedi con quella discrezione che sempre impone la memoria. La trama è semplice, il finale è da giallo. Che acquista senso solo dopo la lettura dell’intero romanzo sospeso tra tristezza e comicità. Sembra che ci sia una cenere leggera, ma sotto avvampa un fuoco mai sopito. E il Piazza stesso si offre come metafora della povertà e dell’emigrazione. Chi, a Partanna, non è stato emigrato? Chi non ha avuto dei sogni dettati dal bisogno di essere se stesso? Vito Piazza non si limita al ricordo. Si assume la responsabilità di ciò che dice, condanna quelle autorità del passato rappresentate dai dolcevitosi partannesi ricchi o figli di papà che sempre – gli rode questo ricordo – non solo hanno irriso chi era “diverso” ed era costretto a “vantarsi” da solo perché nessun altro lo avrebbe fatto, ma hanno impedito il cambiamento, l’evoluzione di una civiltà – la nostra – che ha continuato a seguire il mito del posto di lavoro, che ha decretato quello che lui chiama “annoiu” e una vita piatta e uniforme per Nakona, splendida metafora di Partanna. Ci sono tutti: i distruttori di cortili e quelli del “piede di Pino”, ci sono i raccomandati e i raccomandanti. Si tratta di un “je accuse” non contro i singoli, ma contro una subcultura che, per l’autore, ha impedito a Nakona-Partanna di crescere. E’ anche un libro di formazione: “ogni giovane – ci dice Piazza – dovrebbe leggerlo: poiché chi non conosce gli errori della storia partannese, è destinato a ripeterli”. Solo a un lettore superficiale potrà apparire un libro che parla male di Partanna. A leggerlo bene, il libro esprime – in modo sotterraneo, quasi sottovoce – un amore immenso per Partanna. Ma anche i “vecchi” dovrebbero leggerlo: e non tanto per fare un “mea culpa” che Piazza non vuole perché non si reputa al di sopra delle parti, ma per riflettere sul futuro. Nel libro c’è “Mommu lu addu”, Rocco il folle, Nato Favilla, impiccato nudo ad un albero, Rita Atria, ‘Zulu e Nardina e tanti altri. Tutto e tutti trattati con amore, ma senza fare sconti a nessuno. Adesso lo scrittore è cambiato e vuole – da maestro elementare e non da ispettore – trasmettere una lezione: non è importante essere un uomo di successo (Il suo libro “La Valigia sotto il letto”,1988, è stato classificato tra i 77 romanzi migliori dell’anno). E’ importante essere un uomo di valore. E la prima lezione, la vuole fare soprattutto a se stesso. (a.b.)


Pubblicato

in

,

da

Tag: