A Partanna borghesia intellettuale cercasi

C’era una volta … Ed è proprio il caso di ricordarlo a tre mesi dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale. C’era una volta … una vera classe dirigente a Partanna. Per la verità, io non so se sia mai esistita o sia soltanto un prodotto della fantasia, sollecitata a sua volta dal desiderio. Fatto sta che nell’immaginario collettivo “esiste” una categoria di persone, o, meglio, una schiera di “monadi” dalle caratteristiche comuni capaci di impersonare al massimo le virtù civiche che si vorrebbe possedute da chi gestisce la “cosa pubblica”. Persone disinteressate, probe, sagge, illuminate: tanto disinteressate da operare all’insegna della gratuità; tanto probe da anteporre il bene comune ai propri interessi; tanto sagge da nutrire il massimo rispetto per il vero ed il giusto; tanto illuminate da avere la consapevolezza di ciò che necessita per rendere una comunità “felice”. I sociologi definiscono “borghesia intellettuale” tale nebulosa. E mi può star anche bene, giacché non mi scandalizza il termine “borghese”, né tanto meno il termine “intellettuale”, se non stanno ad indicare uno “status”, ma un modo di essere, uno stile di vita. “Borghesia intellettuale”, quindi, non già come casta di laureati, di professionisti colti (notai, avvocati, medici, professori), quanto piuttosto gente (meglio se laureata o colta) di specchiate virtù morali e di provate capacità pratiche. Purtroppo, però, oggi più che mai, si deve parlare di una “borghesia invisibile”, tanto i “saggi” appaiono silenti, assopiti, chiusi in una torre d’avorio. Il perché del rifiuto di partecipare attivamente alla vita politica della città è comprensibile. Discende dal disgusto verso il dinamismo apparente dei mediocri e l’efficienza politicamente scorretta dei timonieri; ma nasce anche dalla difficoltà di infrangere quel costume inveterato che assicura il consenso (il voto) solo a chi può garantire “favoricchi” o anche semplici ammiccamenti forieri di favori futuri. Ma oggi i tempi sembrano maturi per realizzare un cambiamento. Avrà la “borghesia intellettuale” il coraggio di rischiare lanciandosi nell’agone politico? Saprà l’elettore tramutare il pro¬prio disagio politico in un voto libero e intelligente? Una cosa è certa: il risveglio della città non può che far leva sulla simbiosi di questi due “ceti”.


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