Francesca Graffeo, Baronessa di Partanna

Introduzione Nell’elenco dei Baroni di Partanna è presente una straordinaria figura femminile. Non già una delle tante vedove di Baroni che, morti i mariti, si ritrovano a dover gestire l’amministrazione della Baronia quasi sempre in vece dei figli ancora minori. Ma una vera e propria Baronessa, una discendente diretta della famiglia Graffeo cui spetta di diritto il titolo nobiliare e l’amministrazione diretta della Baronia. Il personaggio Stiamo parlando di D.a Francesca Graffeo, un personaggio dalla personalità complessa, su cui gravano giudizi contrastanti. Il Rodo nella sua “Genealogia” ce la presenta come “consuntrice” di beni patrimoniali. Secondo il genealogista citato “Questa Baronessa D. Francesca, essendo rimasta vedova in età fresca, sfoggiò nel treno di suo mantenimento, e in Palermo e in Partanna, tutto che gravata di molti figli, gravando la Casa di molte soggiogazioni”. Il Varvaro, invece, forse esagerando, l’accosta addirittura “a Costanza d’Aragona, sorella del re Ludovico, alla Regina Maria, alla Vicaria Bianca di Navarra”. Secondo lo storico partannese, “la sua solerzia, la sua energia quasi virile nell’amministrare la Baronia, furono degne d’essere tramandate ai posteri. Ella passa alla storia circonfusa dell’aureola dell’operosità e dell’eroismo. Nei suoi pur angusti domini feudali appare attiva e previdente come tali eroine della storia siciliana”. La Baronessa Francesca nasce dal matrimonio tra Mario I Graffeo, figlio di Baldassare I, con Eleonora Vernagalli, originaria di una chiarissima famiglia pisana. Alla morte della madre, giusta testamento in not. Gerardo La Rocca del 30 ottobre 1531, eredita la dote materna e, quando il padre passa a seconde nozze con Giulia Agliata, come figlia primogenita ed unica del primo matrimonio, eredita anche la Baronia di Partanna, giusta l’atto in Not. Gabriele Inveges di Partanna sotto il giorno 7 di Febraro XI Ind. 1537del 7 febbraio 1537 con “la condizione preventiva di dover sposare uno dei Graffeo”. La donazione fatta da Mario I nei confronti della figlia Francesca apre uno strepitoso litigio tra questa e lo zio paterno, Goffredo, secondogenito di Baldassare I, il quale contesta a Francesca, per il principio dello “jure francorum”, il diritto di successione e pretende di succedere lui al fratello negli stati di Partanna. Le cronache del tempo riferiscono che Baldassare I, vecchio padre di Mario I e di Goffredo, riesce a conciliare il dissidio combinando un matrimonio tra Goffredo e Francesca (tra zio e nipote, cioè) riuscendo ad ottenere per tali nozze la dispensa papale grazie ai buoni uffici interposti dall’Imperatore Carlo V presso il papa Paolo III. Per la verità, molti elementi non combaciano in questa narrazione: le date, i personaggi, gli avvenimenti. Certo è, comunque, che nel 1547 Francesca e Goffredo III sono già legalmente sposati e il 27 dicembre 1550 nasce loro il primogenito Mario. Intanto il Barone Mario I muore (15 luglio 1552) senza lasciare figli maschi. Francesca, trovandosi figlia primogenita ed unica del primo matrimonio di suo padre e donataria di tutti gli Stati e beni paterni in virtù di donazione, se ne investe per atto pubblico in Not. Antonino Lo Presti a 15 Luglio XI Ind. 1552. Circa due anni dopo, però, fa procura in persona del marito, con atto in Not. Francesco Bucherai di Palermo a 5 Giugno 12^ Ind. 1554, per cui il 12 giugno 1554 Goffredo, quale legittimo amministratore e procuratore della sposa, s’investe a Palermo della Baronia. Dopo appena un anno, però, Goffredo muore lasciando la moglie di 47 anni con tre figli, Mario, Eleonora e Mariano. Da quel momento la vedova Graffeo dispiega un‘attività amministrativa mirabile, veramente degna della storia. Il Varvaro Bruno, che ha avuto la fortuna di consultare personalmente l’Archivio Grifeo di Palermo, (vol. 2, f. 39, 40, 41), prima che questo andasse distrutto durante l’ultima guerra, nel suo volume “Partanna nella storia…” elenca una serie di Bandi, promulgati in piazza e nei luoghi consueti, che evidenziano le grandi capacità di Francesca quale abile amministratrice dei suoi beni, lungimirante amministratrice degli interessi della Municipalità, nonchè donna di una profonda religiosità. Amministratrice oculata… Sul piano organizzativo, Francesca si dimostra una oculata e severa amministratrice. I suoi primi atti risultano tesi ad assicurare a sè e alla Municipalità le entrate necessarie per il relativo mantenimento. E così impone l’obbligo della sua “licenza” sia nel campo commerciale che in quello agricolo. Sono tenuti, cioè, a pagare una tassa quanti vogliono effettuare il commercio di grano, mosto, vino, olio e riso,(”sia a piso che a cantaro”), formaggi, cavalli, lana, “meli e chira”(cera), tanto all’ingrosso che al minuto, “coria pilusi o cunsati, pelli e ligami, sì a carico che a migliaio”, o quanti vogliono coltivare terre fuori del territorio di Partanna (“non sia persona alcuna, borgese o massaro, habitatore di Partanna, che poss’andare a seminar nel fego di…S. Caterina, territorio della città di Sciacca, senza licenza”). E, al fine di meglio controllare il mercato agricolo, impone un “misuratore ufficiale per i cereali”, vietando “d’assegnare o ricevere orzo o grano, comunque, di qualunque qualità, non misurati d’Andrea Gisone”, misuratore ordinario; censisce le colture ordinando di “rivelare i seminati al proprio Segreto”; impone ai contadini ”di seminare le terre di detta Baronia”, imponendo la tassa del “doppio terratico” a chi va a seminare terreni in altri stati. Ogni bando, pubblicizzato dal banditore ufficiale, invariabilmente si conclude con la minaccia della comminazione di una pena, quasi sempre “d’onze 4 da applicare all’erario della spett. Signora”. Le ragioni di tanta severità sono senz’altro spiegabili e condivisibili. E’ necessario, infatti, che, com’è scritto in uno dei bandi, “si paghino le ragioni competenti dell’Università (Municipalità) di detta terra sull’estrazione delle cose presenti, per pagare le R. Collette e Donativi alla R. Corte, giusta consiglio tenuto dall’Università e confermato dal vicerè”. E tuttavia alcuni bandi appaiono inficiati di eccesso di interessi privati: per esempio, quello che “vieta d’estrarre (vendere) vino” finchè non sarà smaltito il suo; o quello che impone a quanti vanno, entro le terre della Baronia, “a cacchia di lepri, conigli, pernici, francolini e ogni altra sorte, [di] portare la terza parte a detta Signora, com’è solito, sotto pena d’onze 4”; o quegli altri che inibiscono a tutti, uomini o donne a piedi o a cavallo, “d’andare al feudo Fartaso nè di notte nè di giorno” o di “entrare nella vigna d’Achille Grifeo al Camarro”. …e lungimirante In ogni tempo i Baroni Graffeo si sono dimostrati attenti alle esigenze della popolazione. Francesca continua la tradizione, dimostrando particolare attenzione alla sicurezza e alla salute pubblica. Decisamente interessanti dal punto di vista del diritto della proprietà privata mi sembrano due bandi. Il primo tende ad evitare conflitti d’interessi tra i proprietari dei terreni agricoli regolamentandone i rapporti: con esso la Baronessa, infatti, “vieta a tutti di vastari finàiti et sipali , tantu di vigni comu di menzi pàrichi, intra li strasatti e li comuni di la terra di Partanna, senza sua licenza … chi l’à già guastati, entro 4 giorni li riveli a lei”. Il secondo tende a salvaguardare le colture arboree e seminative prescrivendo che “nè alcuno presuma in terre di essa Baronia gettar fuoco”. E’ evidente che in un territorio agricolo com’era Partanna una tale disposizione doveva risultare certamente rassicurante per i deboli e quale deterrente nei confronti dei prepotenti. Sul piano della salute pubblica, interessanti risultano due ulteriori bandi. Il primo impone che “nessuno deve far orti nelle acque dei fiumi nè abbivirari porci, tranne che dal passo di Bemminuta in su o alla Fontana”. Il secondo, del 1° febbraio 1574, ordina “d’annettare ognuno intranti la so porta e li strati e li mundizzari di la parti chi ci cumpeti e d’ogni altra bruttezza che si trova, tantu di limarri (fango) quantu di petri”, che oltre a richiamare importanti norme igieniche, ha un chiaro sapore di attenzione nei confronti del decoro urbano. Sia nel primo come nel secondo caso, per i trasgressori si prevede la multa di onze 4, di cui onze 1 da destinare alla Congrega del SS. Sacramento e 1 “alle maramme dell’Abbatia di detta terra”. Donna di fede Quest’ultimo bando ci introduce nella dimensione religiosa della Baronessa. Molte delle sue iniziative, infatti, sono tese ad accrescere la religiosità del popolo. Emblematico risulta il caso della richiesta fatta al Provinciale dei PP. Carmelitani calzi, p. Luigi d’Ajuto, perchè concedesse al Convento di Partanna una reliquia di S. Alberto: cosa che avviene il 19 Agosto 1555, con l’introduzione nella chiesa del Carmine vecchio di una parte del cranio del glorioso santo. Ma l’opera sua più importante risulta senza alcun dubbio l’istituzione dell’Arcipretura di Partanna nella Chiesa Madre dell’epoca con Bolla del Papa Paolo IV data a Roma il 3 Ottobre 1556. Per ottenere tale privilegio Francesca dota la chiesa di onze 10 annuali gravanti sul fondo di S. Andrea, ottenendone contestualmente il diritto di giuspatronato, per sè e per i suoi successori, che comporta la facoltà di eleggere l’Arciprete della Matrice. La fine Il 3 settembre 1582, con atto in notar Rodo, Francesca rinunzia definitivamente alla Baronia in favore del figlio primogenito Mario. Dà a lui, inoltre, tutti i suoi beni mobili e immobili, chiedendo solo per sè l’annua rendita di 100 onze. Infine, nella primavera del 1587 la Baronessa Francesca, all’età di circa ottant’anni, muore in Palermo, dove viene sepolta nella Chiesa del Carmine nel quartiere di Ballarò.

Nino Passalacqua


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