Il dr. Prvulovic e le sue esperienze con le malattie infettive più pericolose del mondo

Gentili lettori ed appassionati di salute, spesso si sente parlare di epidemie nel mondo, e come queste minacce rappresentino dei rischi concreti per la salute globale e per la sopravvivenza stessa della nostra specie, data la pericolosità e la difficile gestione di alcuni virus in particolari aree del nostro pianeta. Si sente parlare poco di queste piaghe sanitarie soprattutto grazie al lavoro silenzioso di alcuni professionisti che dedicano la propria vita a combattere giornalmente le malattie, aiutare la gente regalando oltre la vita anche la speranza. Ed aiutando indirettamente anche il “nostro” mondo, quello occidentale, in cui il problema-epidemie è solo marginalmente affrontato, più che altro perché tali epidemie vengono combattute in modo particolare nel luogo di insorgenza, con poca possibilità di sviluppo a livello globale.

Questo mese in collaborazione con la dott.ssa Marija Nenadic, collega e giornalista scientifica per il giornale Pharmanetwork, proponiamo un’intervista che racconta l’esperienza del dott. Tomislav Prvulovic, epidemiologo di fama mondiale, 25 anni di volontariato in circa 50 paesi poveri, africani e asiatici. Unico medico al mondo che è stato missionario in così tanti paesi in via di sviluppo. Durante la ricerca sul campo ha trattato malaria, vaiolo, peste ed ebola e combattuto con successo altre malattie infettive tropicali. Due volte nominato per il Premio Nobel per la Pace, gli è stata assegnata la medaglia d’argento da Papa Benedetto XVI per motivi umanitari. Attualmente in pensione, ora vive a West Orange (New Jersey), ha ancora un passaporto serbo e un ardente desiderio di aiutare il suo Paese grazie ai suoi preziosi contatti in tutto il mondo. La carriera inizia nel 1963 a Skopje, a causa di un terremoto c’era da organizzare l’emergenza sanitaria. Da lì a breve parte per l’India, in cui gli è stato offerto di fare il medico per i dipendenti di un’azienda serba. “La società Ivan Milutinovic aveva circa cinque progetti in India e ho subito accettato, purtroppo, dico purtroppo perché ho portato mia moglie Zivka ed il nostro primo figlio, Misha, che dopo qualche tempo è morto di malaria, essendo nella parte più povera del continente indiano, Orissa, senza elettricità, senza acqua, in condizioni molto difficili. La perdita del nostro primo figlio è stato un segno per tutta la vita, il punto di svolta per me e mia moglie, dal quale iniziammo a dedicare la vita all’aiuto e alle cure dei malati ed i poveri in tutto il mondo “, spiega il dottor Prvulovic. “Dopo Orissa ci trasferimmo a Bombay dove mi trovai senza alcuna esperienza nel più grande ospedale del mondo (a cielo aperto NDR) per il vaiolo, nel 1971. Ho tenuto tutti i pazienti col vaiolo, anche i casi più difficili con gravi ferite su tutto il corpo. In quello stesso anno ho accettato di essere vaccinato”. Nel 1972 torna in patria a causa dell’insorgenza di un’epidemia di vaiolo, esercita da esperto in quanto era l’unico ad aver affrontato questo tipo di emergenza sul campo. “Mi ricordo che usando i metodi convenzionali riuscivamo a vaccinare 35 persone all’ora. Era poco, considerando che l’infezione si diffondeva molto rapidamente. Un infetto dal periodo di incubazione può trasmettere il vaiolo in 173 soggetti sani, ciascuna delle 173 persone su altre 173 e così via. Così ho chiesto aiuto al mio collega missionario dr. Michael Lane, che allora lavorava presso il Center for Disease Control and Prevention di Atlanta. È venuto a Belgrado con le pistole per la vaccinazione e siamo riusciti a proteggere 500 persone all’ora. La malattia è stata sconfitta”. Oggi, il dr. Lane è il consigliere del Presidente degli Stati Uniti sul vaiolo, arma biologica numero uno del mondo. “Dopo questa esperienza mi hanno messo a capo del dipartimento di epidemiologia, igiene e tutela ambientale, ma non potevano ancora capire perchè non ero ancora membro della Lega dei comunisti. Così è stato fino al 1979, quando ho avuto un’occasione per andare a Malta. Così il dottor Prvulovic è andato con la famiglia a Malta, dove è stato per quattro anni Ministro della Salute. I suoi figli dopo il college volevano studiare in America e Prvulovic ha iniziato a lavorare in Texas, presso Università e Ministero della Salute. Molto presto si è stancato del Texas Health. Quando è apparso l’annuncio che il ministro della salute somalo cercava consulenti si è immediatamente proposto ed è partito con medici volontari per la Somalia, uno dei paesi più poveri del mondo (nessuna infrastruttura, nessun governo stabile ecc.). Prvulovic sostiene di aver acquisito la migliore esperienza professionale della sua carriera, perché dice di esser partito da zero per stabilire un minimo di assistenza sanitaria. “Le stazioni di salute si creavano con quattro canne di bambù coperte con foglie di palma, poi ci si mettevano un paio di scatole di farmaci con un infermiere educato in fretta. Abbiamo cercato di rendere a questa nazione continua assistenza sanitaria, fornire i bisogni primari e dare la possibilità di lottare contro la malaria e altre malattie. Mia moglie nel frattempo ha iniziato a lavorare per l’UNICEF. Sono diventato cittadino onorario della Somalia. Quasi due anni in condizioni molto difficili, senza elettricità, senza acqua, senza fognature, senza televisione. Un paese molto molto povero e pericoloso”. Ad un congresso sull’AIDS in Tanzania incontra il professor Jonathan Man Harvard, fondatore del Fondo globale per l’AIDS e suo futuro capo, avendogli offerto di iniziare a lavorare per l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Prvulovic si ritira a Ginevra, ma per poco, perchè subito dopo diventa inviato speciale in Africa e in Asia per l’OMS e inizia a viaggiare moltissimo (soprattutto nei paesi africani) tornando a Ginevra solo per imballare le valigie e partire per un nuovo paese. “In primo luogo sono stato inviato in Ghana per due anni, e poi in Congo. Mentre ero in Congo mi è stato chiesto di combattere l’epidemia di Ebola. Ho accettato questo rischio.  Si è scoperto che Ebola non si diffondeva più velocemente del vaiolo, ma i pazienti e coloro che erano stati infettati venivano isolati in quarantena insieme con i medici e il personale medico che forniva il trattamento. Nessuno era autorizzato a entrare o uscire. Coloro che sopravvivevano diventavano immuni. Ebola è l’arma biologica n° 2, la mortalità è quasi al 100%. Nessun vaccino, nessun farmaco. Ebola è stato scoperta dal mio capo, il dottor Jonathan Mann. Così mi misi in contatto con lui”. In seguito Prvulovic è stato inviato in India dall’OMS per organizzare la lotta contro l’ arma biologica numero tre: la peste; subito dopo ha proseguito con l’Asia, in Birmania. “In Birmania ho incontrato tutte le malattie tropicali, tra cui l’AIDS e le forme farmaco-resistenti di tubercolosi. I Birmani sono stati sottoposti a embargo e avevano un governo militare, hanno milioni di orfani, conseguenza della guerra civile del 1945. Questi orfani vivono in condizioni impossibili, dormendo sul pavimento sporco, con un pugno di riso al giorno per mangiare. Ho fatto di tutto per aiutarli”. Poi la chiamata del Papa: “Al termine della Messa, il cardinale della Cecoslovacchia mi ha invitato all’altare con mia moglie. Le è stato dato un rosario, e a me una medaglia d’argento del Papa perché stavamo aiutando gli orfani in tutto il mondo. È uno dei motivi per cui sono stato nominato per il Premio Nobel per la pace, l’altro è che ho trascorso la maggior parte della mia vita nei paesi del Terzo Mondo. Sono stato nominato nel 2009 quando ha vinto Obama e nel 2012 quando ha vinto l’Unione Europea”. Prima dell’attentato di New York nel 2001 lui era l’unico che teneva lezioni sul bioterrorismo, e casualmente, era l’unico che ha avuto esperienza con tutte queste armi biologiche ed era sopravvissuto, ovviamente oltre al dott. Michael Lane. “Una grossa parte della mia carriera l’ho passata ad insegnare ai giovani medici. Per me è sempre un grande onore aiutare i giovani ad acquisire informazioni su Vaiolo ed Ebola, che sono ancora una grave minaccia! Basta immaginare un terrorista infettato con il vaiolo passare attraverso le metropolitane di New York e fare un colpetto di tosse e il giorno dopo, l’intera New York va ad eruttare”. Adesso Prvulovic si dedica ai nipoti, dicendo con orgoglio che sia il lavoro più interessante che abbia mai fatto in vita sua. Nel frattempo il suo manuale “Come non ammalarsi in Medio Oriente, Africa e Asia – guida di sopravvivenza”, è tra la documentazione necessaria per recarsi nei paesi del Terzo Mondo: “Una grande esperienza di 25 anni in zone ad alto rischio è stata trasformata in manuale. È indescrivibile come resistere nei paesi in cui non si hanno i requisiti di base per la vita; mia moglie ha preso due volte la malaria, sopravvivendo per miracolo, a me le zanzare non mi amavano ma una volta anch’io ho preso qualcosa. Nonostante tutto l’esperienza in Somalia è stata l’esperienza professionale più importante della mia vita”. L’unico grosso rimpianto dopo 25 anni rimane la perdita del suo primo figlio, ma il suo bilancio, considerando le innumerevoli vite salvate, è nettamente in positivo.  di Fabrizio Barone    Marija Nenedic


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