La biblioteca comunale un’istituzione di 140 anni … portati bene

Kleos Ottobre 2014

di Nino Passalacqua

Anelito di Biblioteca pubblica

Quando, nel settembre del 1873, in sede di discussione del Bilancio di previsione per l’anno 1874, la Commissione Comunale Istruzione Pubblica presenta la proposta di creare un capitolo per la istituzione di una Biblioteca comunale, il Consiglio vota il relativo stanziamento di £ 2.000 all’unanimità. Una siffatta decisione sta a dimostrare certamente il grado di lungimiranza della classe dirigente partannese dell’Ottocento e nasce forse dal desiderio di coprire il vuoto lasciato dalla soppressione delle biblioteche conventuali. Tanta euforia, però, si scontra ben presto con la dura realtà. Il “piano d’arte”, infatti, commissionato all’ing. Coci “per la costruzione di una stanza per Biblioteca nel Convento di San Francesco” e della relativa suppellettile, prevede una spesa di £ 5.000, di cui £ 1.686,78 per la parte muraria e £ 3.313, 22 per la parte lignea destinata alla scaffalatura. Una spesa, quindi, di gran lunga superiore allo stanziamento previsto in Bilancio. Per superare l’ostacolo, in Consiglio Comunale viene fatta la proposta di utilizzare gli scaffali della Biblioteca del Convento dei Padri Cappuccini, da poco ceduto al Comune dal Governo. La proposta, però, viene scartata in quanto tali scaffali “non sarebbero applicabili perché troppo piccoli e troppo vetusti”. Viene, invece, accolta la proposta del dr. Paolo Patera di ricorrere allo stratagemma “che la spesa si ripartisse per le spese in muratura nel bilancio 1873 e per quelle in legname nel bilancio 1874”.

Nasce la Biblioteca Comunale

Si dà, quindi, inizio ai lavori di muratura, mentre si cercano altre vie per reperire le somme necessarie alla costruzione degli scaffali e all’acquisto di opere librarie. La soluzione più a portata di mano sembra quella di rivolgere un’istanza alla Deputazione Provinciale per ottenere un sussidio, con la motivazione che il Comune non ha potuto acquistare alcun libro per mancanza di fondi “a causa della fallanza (fallimento) del Contabile”, così come riporta una deliberazione del Consiglio Comunale dell’ottobre del 1874. Non si ha notizia, purtroppo, degli esiti di tale richiesta, né tanto meno dell’andamento dei lavori. Gli atti tacciono fino al 1888. Nel settembre di quell’anno, finalmente, il Sindaco, dr. Paolo Patera, rende noto che, “dopo lungo attendere”, la Giunta può esprimere la sua soddisfazione “d’innalzare questo segno visibile e concreto del pensiero umano con l’aprire alle intelligenze del pubblico una comunale biblioteca”. Tutto lascia pensare, quindi, che quelle difficoltà finanziarie cui fa cenno la delibera del 1874, se rallentano, come è facilmente intuibile, i lavori relativi all’approntamento della Biblioteca, tuttavia non li smorzano del tutto e che nei quattordici anni che intercorrono fra il 1874 ed il 1888 si proceda comunque alla sistemazione del locale, alla costruzione degli scaffali e all’acquisto di libri.

Intitolazione a Dante Alighieri

Nell’inaugurare “la comunale biblioteca”, il primo pensiero della Giunta, per bocca del Sindaco, dr. Paolo Patera, è quello di “farne la dedica ad un illustre personaggio”. Ad unanimità, quindi, viene deciso di “metterla sotto gli auspici del padre della letteratura nazionale, dedicarla, cioè, al Divino Alighieri”. E ciò, sia in segno di omaggio al più grande poeta nazionale “quanto come felice augurio che gli studi abbiano ad essere sempre più di sprone al miglioramento del nostro vivere civile”. Degne di nota sono in quel contesto le espressioni che il Sindaco pronunzia, non senza una vena di voluta magniloquenza, in lode di Dante, “grande e maschia figura di poeta, di pensatore e di cittadino”, colui che “col suo immenso ingegno seppe elevarsi a tanta altezza da sintetizzare con dialettica impareggiabile tutto il pensiero italiano”, e le cui opere rimangono “come un faro che arde e rischiara tutta la vita nazionale”, Per rendere ancor più tangibile tale intitolazione, poi, viene deliberato l’acquisto di un ritratto del Poeta, per l’importo di £ 50, da esporre “nel vestibolo della sala d’ingresso a vista di chi entra”.

Biblioteca … itinerante.

Il riferimento ad un “vestibolo” fa capire che ancora nel 1888 la Biblioteca è allocata in almeno due sale del Convento di S. Francesco. Quando più tardi, infatti, viene trasferita nell’ex Oratorio della Gancia (oggi adibito a Sala Consiliare) essa avrà a disposizione soltanto un unico ambiente, anche se certamente più vasto delle due precedenti sale. Alla Gancia la Biblioteca si ferma per almeno un decennio, fino all’ottobre del 1904, durante il quale periodo viene rifornita di un gran numero di opere, quali, ad esempio, “La geografia universale” di C. Cantù o “La storia della rivoluzione di Messina” di F.Guardiano, e di varie “associazioni” (abbonamenti) a pubblicazioni periodiche. Purtroppo, la mancanza di un bibliotecario, a cui si crede invano di porre rimedio con l’affido della struttura ad un circolo di cultura, crea disservizio e disordine. Né la situazione viene migliorata trasferendo, appunto nel 1904, la Biblioteca all’interno del Palazzo Municipale, nella sala della Giunta. Che, anzi, in occasione di tale trasferimento vengono “persino scompaginati i volumi di una stessa opera e ciò specie per quanto riguarda numerose pubblicazioni in fascicoli”. Comunque, malgrado i ripetuti trasferimenti e la cronica mancanza di un vero e proprio bibliotecario, l’attività di rifornimento di libri non si arresta. Risultano in quegli anni acquistate numerose opere, soprattutto edite dall’Unione Tipografica Editrice Torinese (nota oggi come UTET), quali, ad esempio, l’”Enciclopedia delle arti e delle scienze”, acquistata “molti anni or sono “, di cui nel maggio del 1905 si provvede ad una necessaria integrazione con “alcuni fascicoli mancanti”. In tal modo, il patrimonio librario nell’ottobre del 1905 viene conteggiato in “più di 4.000 volumi”.

Riordinamento della Biblioteca

L’iniziativa più meritoria di quel periodo, però, è senz’altro il progetto di riordino della Biblioteca affidato dalla Giunta, retta da Girolamo Calandra, al prof. Girolamo Palermo Patera. Questi, in due successivi periodi estivi, del 1905 e 1906, sostituisce “un vecchio ed incompleto indice per autore” con un nuovo “indice” diviso per materia in modo da distribuire tutte le opere in undici “cataloghi: 1) Lettere, gramatica e filosofia; 2) Classici latini e greci; 3) Enciclopedie e dizionari; 4) Collezioni diverse; 5) Storia civile ed ecclesiastica, Etnografia, Geografia ed Archeologia; 6)Ascetica, Oratoria sacra, Agiografia; 7) Teologia dommatica e morale, Patristica, Liturgia; 8) Opuscoli diversi; 9) Politica, Ius civile ed economica, Economia politica; 10) Scienze naturali, Medicina, Scienze occulte; 11) Matematica ed industrie”. Per questo suo improbo lavoro, “mercé il quale la Biblioteca Comunale di Partanna – come orgogliosamente afferma il Sindaco, avv. Nicolò Patera – risulta ordinata come le più moderne del regno”, il Palermo Patera, viene ricompensato con l’onorario di £ 250 e, più tardi, addirittura, insignito del titolo onorifico di “Bibliotecario Comunale Onorario”, sia per ricordare “l’opera assidua e la singolare competenza del predetto valoroso insegnante”, sia per consentirgli “sotto tale veste, ad invigilare nell’opera compiuta e curarne con autorevoli consigli il continuo e progressivo incremento”. Acquisti e donazioni Un incremento che non trova soste e che si concretizza con l’accoglimento delle offerte di vendita di libri o di “associazione” a riviste periodiche (ricorrente quella con la Casa Editrice Vallardi) da parte di rappresentanti di Case Editrici o addirittura da parte di privati. E’ questo il caso, riportato in un verbale di Giunta del 1905, della “proposta di vendita da parte del sig. Benedetto Pisciotta di alcuni libri pervenutigli da una recente eredità”. Nel settembre del 1906, però, un fatto inedito viene a scuotere la vita della Biblioteca e forse a provocarne indirettamente una svolta sul piano organizzativo. In quei giorni, il sac. prof. Francesco Riggirello decide di donare al Comune tutti i libri pervenutigli in eredità alla morte del padre, un noto avvocato, per essere destinati alla Biblioteca. Egli chiede soltanto che in memoria del defunto genitore lo scaffale nel quale verrà conservato il suddetto patrimonio porti l’intitolazione “libri dell’avv. Antonino Riggirello”. Durante la seduta del Consiglio Comunale tenuta per l’accettazione della donazione, in cui il Sindaco avv. Nicolò Patera, lodare l’atto generoso del Riggirello esprimendo “sentite azioni di grazie al donatore”, il dr Battaglia, consigliere di opposizione, interviene raccomandando all’Amministrazione che “la Biblioteca sia aperta agli studiosi”.

Nasce il “distributore di libri”

Una raccomandazione, quella del Battaglia, che, per uno strano gioco del destino, varrà come impegno per se stesso. Questi, infatti, pochi mesi dopo viene eletto Sindaco ed in tale veste nell’ottobre del 1907, forse memore delle sue sollecitazioni polemiche in favore della Biblioteca, propone l’istituzione di una figura impiegatizia che comprenda “anche” il ruolo di bibliotecario: viene prevista, cioè, la figura anomala di “applicato alla Biblioteca e al Catasto” con assegno annuo di £ 250 annue oltre ad un quarto dei proventi del Catasto, fino a quel momento corrisposti per metà al Segretario comunale. Malgrado le proteste pretestuose dell’opposizione, che ritiene tale posto “non necessario e di carattere facoltativo” (avv. P. Molinari) o addirittura illegittimo in quanto toglie al Segretario quel quarto di proventi catastali (avv. Nicolò Patera), l’istituzione del posto di “catastaro e distributore di libri della Biblioteca” viene approvato con 16 voti favorevoli e 7 contrari. Non trascorrono che pochi mesi, il tempo di vedere approvata dalla Giunta Provinciale Amministrativa la relativa delibera, e la Giunta nel marzo del 1908 invita il Consiglio a fissare le norme per il relativo concorso (“avere almeno conseguito la licenza elementare, avere tenuto costantemente buona condotta, essere di maggiore età”) e il giorno 11 del mese successivo lo bandisce, assegnando agli eventuali aspiranti un termine di 10 giorni per presentare domanda di ammissione. Scaduti i termini, viene presa in esame l’unica domanda prodotta dal sig. Giovanni Giliberti, che risulta fornito di “frequenza della 5° classe dell’antico Ginnasio Comunale”, titolo di gran lunga superiore a quello minimo della licenza elementare prescritta per l’ammissione al concorso. Il Giliberti, pertanto, viene assunto per un quadriennio, cioè sino al 31/12/1912, con assegno di £ 300 annue, oltre ¼ dei proventi per diritti catastali. Per la prima volta, in tal modo, anche se in forma “promiscua”, viene assicurato un pressoché regolare servizio bibliotecario.


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