Lotta a HIV ed Epatite C, si pensa al dopo pandemia: Le Regioni responsabili dei propri destini

ROMA – Le regioni sono artefici del proprio destino. È quanto emerge all’indomani del ciclo di incontri promossi da SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie anche con SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali per favorire la ripresa dei trattamenti per tutti i pazienti rimasti indietro a causa della pandemia. Una situazione che riguarda soprattutto coloro che sono affetti da HIV ed Epatite C. Per contrastarli gli strumenti ci sono: le nuove terapie consentono di eradicare in maniera definitiva, in poche settimane e senza effetti collaterali l’Epatite C. L’HIV invece si può controllare, cronicizzando l’infezione e rendendo la durata e la qualità della vita della popolazione infetta analoga in larga parte a quella della popolazione generale.

Il ruolo fondamentale oggi per far emergere il “sommerso” dell’Epatite C spetta alle regioni, che hanno in dote i 71,5 milioni di euro stanziati dallo Stato nel 2020. Sulla scia di Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna, che sono già partite, sono pronte a fare la loro parte anche Umbria e Lazio.

I fondi stanziati dallo Stato sono finalizzati a far emergere il “sommerso” dell’Epatite C nella coorte dei nati dal 1969 al 1989, nella popolazione carceraria e tra gli utenti dei SERD, per poi indirizzarli alla cura. Inoltre, il Piano nazionale AIDS varato nell’ottobre del 2017 è rimasto in larga misura irrealizzato.

Tranne alcune lodevoli eccezioni, le Regioni sono indietro nei progetti di screening dell’Epatite C della popolazione. Esistono alcune iniziative isolate, ma resta molto da fare: per raggiungere i cittadini sul territorio i Medici di famiglia possono svolgere un ruolo di primo piano.


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