Ma che bella invenzione, le delibere consiliari da “viva voce”!

Lo confesso: sono stato uomo di poca fede! Non credevo che il semplice appello di “Parva Favilla” riguardo al problema della “trasparenza” potesse sortire gli effetti desiderati. Ho una scusante, però: l’esperienza ormai quinquennale di segnalazioni effettuate e puntualmente … disattese. Stavolta, invece, si è verificato il “miracolo” e da alcuni giorni il link del sito internet riguardante le delibere del Consiglio risulta rifasato. Da oggi tutti potranno documentarsi con facilità sulla vita amministrativa del Comune.  Oddio, proprio con facilità, no! Provate ad aprire una delle deliberazioni a caso. Per cogliere il senso di una proposta, di un’interrogazione, di una comunicazione, di un deliberato siete costretti a scorrere righe su righe, pagine dietro pagine per ritrovarvi alla fine col mal di testa senza aver colto forse il bandolo della matassa. Tutto nasce dal nuovo sistema di verbalizzazione basato sulla trascrizione automatica del parlato. Intendiamoci, l’intendimento è senz’altro lodevole: si cerca di non travisare il pensiero di chi parla. Ma i risultati sono catastrofici. Ci si trova, infatti, di fronte ad un guazzabuglio indescrivibile: frasi spezzate, concetti ripetuti, parole intercalate, svolazzi da iperbole, quando non anco svarioni sintattici e grammaticali. Il fatto è che esiste un divario enorme tra la lingua parlata e quella scritta. Quando si parla, ci si sente più liberi e spontanei, si utilizza la forma diretta del discorso, si fa ricorso all’uso costante di frasi fatte, di frasi complesse e subordinate, di circonlocuzioni in cui il pensiero necessariamente procede a rilento; si adotta un tono agonistico e persuasorio; si ricorre a toni enfatici e partecipativi. La lingua parlata si caratterizza per ridondanza, procede in linea ondivaga, si nutre di gesti, di ammiccamenti, di “e tu mi capisci”, si sostanzia di emozioni. Trasferito di peso in un testo scritto, il discorso, oltre a scadere dal punto di vista del costrutto grammaticale e sintattico, risulta prolisso, evanescente e, talvolta, sconclusionato. Non sarebbe il caso di tornare al collaudato sistema tradizionale, previsto tra l’altro dallo stesso Regolamento del Consiglio (art. 56), che richiede semplicemente “il fedele resoconto dell’andamento della seduta consiliare…esprimendo sinteticamente, con la massima chiarezza e completezza possibile, i concetti espressi da ciascun oratore”?


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