Per la Sindrome Premestruale, l’«Albero della Castità»….

Questo mese spazio alle donne, sempre più protagoniste nella nostra società, ma purtroppo bersaglio di particolari disturbi legati ai propri ormoni, le cui fluttuazioni possono seriamente interferire con le attività quotidiane. La sindrome premestruale, che è un disturbo che colpisce sempre più donne, è legata ad uno squilibrio nella produzione di progesterone e prolattina, colpisce circa 1-2 settimane prima del ciclo mestruale e nei casi più gravi può influenzare rapporti familiari, personali ed occupazionali, dunque è un disturbo strettamente interconnesso con la qualità della vita. La componente emozionale è causata da una produzione squilibrata di neurotrasmettitori centrali, tipo la serotonina, la principale sostanza che regola l’umore ed il sonno. Questo squilibrio è regolato da un’elevata secrezione di prolattina, che aggiunta ad eventuale stress o carenze nutrizionali, oltre ad intervenire a livello cerebrale, provoca una serie di disturbi fisici tipo tensione mammaria (picco intorno ai 34 anni), ritenzione idrica (eccessiva produzione di aldosterone, ormone antidiuretico), cefalea, acne, disturbi dell’appetito e del sonno, dolori muscolari. La tensione mammaria, o mastalgia, è spesso considerata il sintomo principale della sindrome premestruale, diventando un sintomo importante e fastidioso qualche giorno prima e scomparendo alla fine del flusso mestruale. Recenti studi hanno dimostrato che a livello del SNC troviamo valori alterati di dopamina e serotonina, tali da influenzare pesantemente l’umore e da giustificare l’utilizzo di antidepressivi nei casi più gravi da parte del medico. La sintomatologia centrale comprende anche voglia di piangere, diminuzione della libido, difficoltà di concentrazione e diminuito livello di sopportazione. I farmaci utilizzati comunemente sono i contraccettivi orali, per tentare di regolare la secrezione degli ormoni estrogeni e progesterone che influenzano direttamente la prolattina, antiinfiammatori, diuretici per la ritenzione idrica e, come detto prima, antidepressivi nei casi più gravi.

Come sempre, noi offriamo un’alternativa naturale, da trovarsi come al solito sotto forma di compresse, in grado di garantire un’ottima efficacia ed evitando l’utilizzo di farmaci abbastanza pesanti per l’organismo, sia dal punto di vista funzionale che da quello metabolico. L’agnocasto è dato dal frutto maturo, essiccato, di una pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Verbenaceae. Aldilà della tradizionale denominazione latina (Vitex agnus castus L.), l’agnocasto riconosce diversi nomi volgari, come Albero del pepe, Pepe falso o Pepe dei monaci; all’estero la droga è conosciuta anche come Chasteberry. Tra tutti, il termine a nostro avviso più interessante – perché dice molto sul suo passato impiego fitoterapico – è quello di “Albero della Castità”. Già gli antichi Greci, infatti, ne conoscevano le proprietà inibenti sulla libido, tanto da renderlo compagno di vita delle sacerdotesse facenti voto di castità; la tradizione fu poi raccolta durante il Medio Evo, quando i monaci erano soliti utilizzare la tintura di bacche fresche per sopprimere gli impulsi sessuali; l’impiego dell’agnocasto in tal senso è poi chiaramente caduto in disuso. La droga, come anticipato, è costituita dai frutti maturi ed essiccati. I frutti sono delle bacche di colore nero-rossastro contenenti quattro semi, il cui sapore (leggermente pungente e simile al pepe) ha portato alle ben note denominazioni dialettali. Al suo interno ritroviamo glicosidi ed una minima percentuale di oli essenziali. Tra i glucosidi segnaliamo l’agnuside, che rappresenta la sostanza di riferimento per valutare la qualità della droga. L’agnocasto è diventato, ormai da qualche anno, uno degli indiscussi protagonisti delle riviste femminili; il suo impiego aiuta ad armonizzare il bilancio ormonale della donna, regolando il sistema ovulatorio in presenza di amenorrea e dismenorrea, e migliorando i disturbi neurovegetativi (vampate di calore) in menopausa. L’azione fitoterapica dell’agnocasto si espleta a livello dell’ipofisi, dove rallenta il rilascio di prolattina da parte del lobo anteriore grazie al suo effetto dopaminergico (la dopamina è un neuromediatore che inibisce la secrezione di prolattina). L’agnocasto sembra inoltre agire positivamente sul riequilibrio del rapporto estrogeni/progesterone a favore di quest’ultimo (il calo di tale rapporto a favore degli estrogeni, comune nella premenopausa, può provocare gonfiore dei seni o dell’addome, disturbi del ciclo, infertilità ed aumento di peso). L’esatto meccanismo di azione dell’agnocasto, comunque, non è stato ancora completamente chiarito e, più che ad una singola sostanza attiva, è attribuibile al fitocomplesso. di Fabrizio Barone



Pubblicato

in

da

Tag: