Uguali mosaici nella Casa del Navarca di Segesta e dei Grifi sul Palatino a Roma. I risultati degli scavi di Segesta illustrati a Erice

ERICE –  Il pavimento a mosaico a rombi scoperto nella Casa del Navarca a Segesta durante gli scavi che si sono conclusi a luglio è uguale a quello che si trova nella Casa dei Grifi sul Palatino a Roma. La scoperta è stata illustrata dal Direttore del Parco di Segesta Rossella Giglio che è intervenuta al Convegno internazionale di studi sulla Sicilia e gli Elimi in corso al Centro “Ettore Majorana” di Erice. La Giglio ha illustrato come i resti del mosaico della Casa del Navarca, nell’Acropoli sud di Segesta, mostrano una similitudine veritiera col mosaico che è presente al centro della Casa dei Grifi sul Palatino a Roma, sotto l’ala settentrionale del palazzo di Domiziano, che la seppellì. Il mosaico a Segesta (così come nella Casa dei Grifi sul Palatino) si trova al centro del vano centrale della Casa, quello che doveva rivestire una certa importanza. Un ampio riquadro realizzato con “sectilia” marmorei romboidali a tre colori (bianco, celeste e verde scuro) raffiguranti il motivo della sequenza concatenata di cubi illusori. Stessa decorazione, stesse tessere musive che compongono un pavimento eccezionale qual è sia quello di Segesta sia quello presso la Casa dei Grifi a Roma.

Nella Casa del Navarca a Segesta gli scavi si sono conclusi a luglio ma i risultati non erano stati ancora illustrati prima. La Casa è un edificio abitativo di grande pregio appartenuto al navarca Eraclio, amico di Cicerone. La figura di Eraclio testimonia che tra il II e il I secolo a.C. vissero nella zona personaggi di spicco, ambiziosi al punto da costruire dimore decorate con grande sfarzo e ricercatezza. «Quello che faremo nei prossimi mesi è lo studio dei marmi pregiati trovati e della loro provenienza – spiega Rossella Giglio – e completeremo lo studio dei materiali ceramici e la ricostruzione virtuale della Casa».

Gli scavi archeologici a Segesta evidenziano, dunque, il ruolo che ebbe la città nella storia antica. «Grazie allo studio dei Decreti di Entella possiamo ipotizzare che per Segesta ci fu la chiara volontà, in parallelo coi rapporti politico-diplomatici con i Romani, di farla vedere come una nuova città di Ilio, quella che era stata la Troia del mito; cioè di farne una grande città avanzata dal punto di vista urbanistico, disposta su grandi terrazze, così come in quel periodo si immaginava Troia», ha detto Carmine Ampolo, docente emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa.


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