Un prestigioso premio al poeta Tino Traina per la poesia “L’albero”. Commento di Vito Piazza

Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Tino Traina, vincitore della 13°edizione del Premio Nazionale di Poesia “Terzo Millennio”, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Regione Lazio. Il prestigioso riconoscimento è stato consegnato durante la cerimonia di premiazione che si è svolta il 19 ottobre scorso, presso il Teatro dei Dioscuri  a Roma, alla presenza di personalità del mondo politico e culturale. La poesia del Traina è stata letta e commentata dallo scrittore e critico letterario Giulio Panzani, componente della giuria assieme a Nicla Morletti, Aldo Onorati, Paolo Briganti, Franca  D’Urbano, Anna  Guglielmi, Presidente Riccardo Nardovino.

 

L’albero

 

                      Non è fiorito questa volta l’albero

                      che ci donammo per il nostro giardino,

                      scommettevamo chi sarebbe stato

                      a vivere più a lungo di noi tre.

                      Ora che di quell’albero ci resta

                      solo un forte bagliore alla finestra,

                      che la morte sia questo ci sorprende:

                      la luce intensa dove c’era un’ombra.

                      Sono stato altre volte in un paese

                      abbacinato dove per le strade

                      tutto quello che manca è ciò che hanno

                      e la vita s’attacca

                      inutilmente ma così com’è.

                                                                Tino Traina.

 

E’ strano: conosco le poesie di Traina e spesso ne ho tentato una interpretazione più o meno accreditata, più o meno vera- mai verosimile- più o meno capace di avvicinarsi a ciò che il poeta voleva o avrebbe voluto dire, ben consapevole il critico che la spiegazione uccide sempre la poesia.

Eppure questa poesia- l’Albero- mi ha sorpreso, ha fatto precipitare il critico nel chaos che non è la confusione, ma il vuoto, il punto del precipitare senza fine, il luogo-non luogo dove tutto dovrebbe avere inizio e invece qui ha fine. “Non  è fiorito questa volta l’albero…” Sembra una notazione se non bucolica almeno notarilmente botanica. Forse romantica visto che l’albero piantato è un dono di vita e di morte entrambi eterni, entrambi legati da un patto che può sembrare una sfida e che invece è un atto d’amore. Ma non è fiorito QUESTA VOLTA.  E’ scomparsa la sua ombra dolce, un’ombra che dava quella quiete che rinfresca:  ma quell’ombra è diventata “un forte bagliore alla finestra”.  E qui i versi più belli appena sussurrati: “Che la morte sia questo ci sorprende”. E’ qui la sorpresa, l’imprevisto, l’imprevedibile che rende paradossale vita e morte rendendoli la quadratura del cerchio: e laddove era vita (o morte?) c’è ora morte (o vita?) e viceversa. Il senso comune rimane di stucco, precipita nel chaos con gli occhi spalancati per superare parole e concetti che si capovolgono dopo secoli di credi e di fedi.  Tutto quello che manca nei paesi “abbacinati” da una verità profonda, metafisica, planetaria è ciò che manca. E il paese non è un cimitero di luce, non è un punto geometrico o uno spazio ma il tempo, il tempo che è insieme del vivere e del morire. Quel tempo che dà ombra e luce, che vive – dice Traina – di opposti. Shakespeare si era posto il problema prosaico e laico dell’essere e del non essere. La frase di Amleto trova qui una risposta che è on questa APPARENTEMENTE semplice poesia. L’albero. Biblico. Del bene e del male. Della vita. Ma soprattutto della luce. Niente scompare davvero.  La morte non è il trionfo del nulla, ma prosecuzione, continuità,  metamorfosi, vita che si fa ombra per dare luce. Credo che il senso della poesia di Traina sia il paradosso: la poesia parte da quella che sembra una fine ed è invece un inizio. La vita e la morte sono presenze. Inutile amare la vita se da essa si espunge la fine: la morte è vita e la vita è morte.

Mai ho letto di un argomento così profondo trattato con versi che non urlano disperazione, che non attaccano tristezza, che non finiscono in un tunnel esistenziale che ha il sapore amaro di qualcosa che MAI  piu potrà esserci. Il poeta tratta l’argomento degli argomenti come fosse un’osservazione, un tratto della vita, un senso del vivere. Così: in maniera virile, composta, serena. VITALE.

Vito Piazza 



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