L’importanza del coltello durante la civiltà contadina

Durante la civiltà contadina quasi tutti portavano un coltello in tasca; serviva per mille usi: in campagna serviva per tagliarsi un pezzo di pane o di formaggio, una mela, una canna, per effettuare un innesto nelle piante; all’occorrenza per difendersi da un cane rabbioso o da qualche persona dalle cattive intenzioni. Molti contadini erano bravi col coltello a prepararsi uno zufolo con la canna o a costruire contenitori dai mille usi come panieri, ceste “cartedde”, tagliando le canne a strisce per il lungo. Preparavano le “liame” (legame), delle corde rustiche indispensabili, fatte con le foglie di agave tagliate a strisce per il lungo e messe ad asciugare al sole. Sostanzialmente il contadino viveva continuamente a contatto con la natura, con tutti i pericoli immaginabili e il coltello, sempre a portata di mano spesso risolveva tanti problemi.
Ma il coltello per il siciliano dei vecchi tempi è servito anche per regolare dei conti fra rivali in amore o per lavare l’onta di un tradimento. I duelli rusticani erano soventi; il più celebre è stato riprodotto nella famosa opera del Mascagni: “La cavalleria rusticana”
Strumento antichissimo, presumibilmente tra i più antichi al mondo, di questo utensile realizzato per il taglio ricordiamo innanzitutto l’etimologia: coltello deriva dal latino cultellus, diminutivo di culter, ovvero coltello dell’aratro. Il coltello è ritenuto uno dei primi attrezzi progettati dall’essere umano per la sopravvivenza; i primi ritrovati erano in pietra come la selce e l’ossidiana. Con l’arrivo dell’Era Metallurgica, fecero capolino i primi coltelli in rame, bronzo, quindi ferro e acciaio, fino alle lame di oggi, ad uso particolare, in materiale ceramico. Col passare dei secoli, anche i materiali utilizzati per realizzare i manici, sono cambiati. Si è partiti da una totale assenza di manico, al legno più o meno intarsiato, fino ad arrivare a quelli in osso o corna di capra e montone.
Altri manici particolari che caratterizzavano soprattutto i più moderni coltelli a serramanico, sono stati costituiti in maiolica, madreperla e giada, fino ad arrivare all’acciaio, di uso più comune, e alla plastica.
In Sicilia esistono ben diciotto diversi tipi di coltelli artigianali, alcuni dei quali sono visitabili al museo civico di Bisacquino.
Il primo passo era quello della preparazione della lama tramite la forgiatura: si batteva cioè la lama incandescente sull’incudine per darle la forma voluta. Una volta eseguita quest’operazione si metteva il manufatto fra i carboni di legna, per poterlo limare con più facilità. A questo punto si forava il manico, precedentemente lavorato, all’incirca con la stessa tecnica della lama.
Il secondo passaggio è quello della tempra, la fase in cui cioè la lama veniva immersa rapidamente in acqua o olio per renderla dura; un passaggio che la rendeva anche fragile. Per evitarne la rottura, si scaldava nuovamente ad una temperatura più bassa, la si rendeva bianca strofinandola con la pietra pomice per darle le ultime caratteristiche, e la si rispegneva in acqua. Quindi la lama veniva affilata sulla mola e lucidata. Dopodiché si passava alla lavorazione del manico: si tagliava il corno in più parti e lo si immergeva nella fornace, si eliminava la superficie bruciacchiata e lo si inseriva in una morsa; infine lo si raffreddava nella posizione voluta e gli si adattava la coda per controllare posizione e dimensioni.
Vito Marino


Pubblicato

in

da

Tag: