La storia di Lucia Migliaccio Grifeo (e del Palazzo chiamato “Partanna”), la sposa “partannese” di Ferdinando I di Borbone re delle due Sicilie, rimasto vedovo di Maria Carolina

Da Kleos n. 0  29 dicembre 2007, pp. 12-13

Quanti, il 21 settembre 2007, hanno avuto l’occasione di seguire la cronaca della visita del Presidente della Repubblica a Napoli, avranno notato con sorpresa l’esistenza nella città partenopea di un palazzo denominato “Partanna”, dove l’on. Giorgio Napolitano ha incontrato gli imprenditori locali per solennizzare i novant’anni della fondazione dell’Unione Industriali.

I più sicuramente avranno pensato ad una casuale omonimia con la “Partanna” della provincia di Trapani. Non tutti, infatti, sanno che il nome di quel Palazzo è intimamente legato a quello della città belicina, in quanto città di origine di una sua illustre figlia di adozione, Lucia Migliaccio, principessa di Casa Grifeo e, dopo la vedovanza, moglie morganatica di Ferdinando IV re di Napoli, il futuro I re delle Due Sicilie.

Figlia del duca di Floridia, Lucia Migliaccio e Borgia nasce in Siracusa il 18 Gennaio 1770. All’età di 21 anni, il 4 aprile 1791, sposa in prime nozze il venticinquenne Benedetto Maria III Grifeo, 8° Principe di Partanna, portandogli in dote il Ducato di Floridia, la Baronia della Cavaliera ed il territorio di Mandaredo. La posizione sociale di Benedetto III (Principe di Partanna, Deputato del Regno, Cavaliere del Reale Ordine di San Gennaro, Gentiluomo di Camera e Consigliere di Stato di Sua Maestà) dà l’opportunità a Lucia di frequentare le migliori Case di Palermo, compresa la Corte Reale, durante i lunghi periodi che Ferdinando trascorre in Sicilia, e di farsi apprezzare per le sue doti intellettuali e artistiche e per la sua bellezza. Il Sacerdote Giuseppe Mendolia nelle sue “Memorie dello stato di Partanna”, opera manoscritta del 1829, ce la descrive come  “Donna di vasti talenti: parlava egregiamente la toscana lingua e la francese, ballava, cantava ed in una parola era adorna di tutti i preggi donneschi, meriti questi uniti ad una bellezza che Iddio conservolle sino all’età di anni 50 in circa”.

Dopo aver messo al mondo ben sette figli (Don Girolamo, morto ancora giovane; Donna Dorotea, monaca nel monastero di San Vito in Palermo; Don Leopoldo, che sposerà Eleonora Statella dei Principi di Pantelleria; Don Giuseppe, abbate conte di Galtellin e successivamente sposo di Agata Moncada dei Principi di Paternò; Don Luigi, avviato alla carriera diplomatica; Donna Marianna, monaca; Don Vincenzo, futuro Principe di Partanna), il 28 marzo 1812  Lucia rimane vedova e conosce tempi difficili sul piano economico e sociale.

Basti pensare che per far fronte alle spese dell’ordinaria gestione della famiglia è costretta a ricorrere a prestiti dietro pegno di gioielli anche presso privati di basso rango, come quel “ricco cafettiere di nome Brugnone”, di cui riferisce il Mendolia (in op.cit.), o a disfarsi di alcuni beni.

Lo stesso Mendolia (in op.cit.), che vive in quegli anni a Partanna ed ha modo di frequentare la famiglia Grifeo, narra a tal proposito un aneddoto: un giorno la Principessa, “per occorrere all’angustia della tavola fu costretta a mandare a vendere una giumenta che tanto amava in Piazza Vigliena. Veduta e conosciuta da un Compadrono di Casa, questi, compratala  per la somma di onze 28,  se la fece portare in una stalla ed il dopo pranzo mandogliela a  regalare”. Per sua fortuna, dice il Mendolia (in op.cit.), “succedono, quantunque di rado, alquanto evoluzioni nel mondo e ciò vien disposto da Dio per far veder i tratti dell’infinita sua provvidenza”.

Il 9 settembre del 1814 muore Maria Carolina, moglie di Ferdinando di Borbone. Volendosi risposare, il Re napoletano rivolge le sue attenzioni su quella Principessa di cui aveva apprezzato i “vasti talenti” nei non sporadici incontri a Corte.

E così il 27 novembre 1814 in Palermo vengono celebrate le nozze tra Lucia Migliaccio Grifeo, la “Principessa Partanna” (come la chiama Denis Mack Smith nella sua “Storia della Sicilia medioevale e moderna”), e Ferdinando IV Re di Napoli e III di Sicilia, che un anno dopo prenderà il nome di Ferdinando I Re delle Due Sicilie.

Si tratta di nozze morganatiche: Lucia riceve  cioè “l’onore del talamo e la primazia fra tutte le dame suddite, ma non l’onore del trono” (Mendolia, op.cit.); diventa, pertanto, vera moglie di Ferdinando I di Borbone, ma senza il titolo di Regina, che avrebbe comportato il diritto di successione al trono per i propri figli, (“sui quali – tuttavia – in brieve tratto di tempo si cumularono onori e ricchezze, principalmente sul primogenito D. Vincenzo”. Mendolia in op.cit.).

In tale nuovo stato, Lucia si vede assegnare dal Re  un sontuoso Palazzo nel cuore della vecchia Napoli, a pochi passi dal Palazzo Reale, e un complesso extraurbano al limite sud della collina del Vomero.

Il Palazzo, ubicato nell’attuale Piazza dei Martiri, era stato  costruito nel 1746 dal giovane architetto Mario Gioffredo, a cui il duca di Paduli aveva affidato il compito di ingrandire e modifi care un’abitazione acquistata fuori “Porta di Chiaia”.

L’ampia facciata, rimaneggiata da Antonio Niccolini nell’800, è fra i primi esempi di architettura neoclassica locale.

Disegnata in quattro ordini, presenta un ricco portale settecentesco, che è ciò che resta del palazzo originario. Esso diventa la dimora abituale della principessa partannese.

Oggi nel Palazzo hanno sede l’Unione Industriali e la Galleria di Arte moderna di Lucio Amelio. Il complesso extraurbano, sito al numero civico 77 dell’attuale via Cimarosa, è costituito da una palazzina in stile neoclassico e da un grande parco arricchito da un patrimonio arboreo costituito da 150 specie vegetali (scelte personalmente dal Direttore dell’Orto Botanico di Napoli dell’epoca, Friedrich Dehnhardt), nonché da un teatrino all’aperto, un tempietto circolare a colonne doriche e cupola, fontane, statue e serre, tutto in stile neoclassico. Esso viene  destinato a luogo di villeggiatura della Grifeo.

Oggi la palazzina ospita una delle più grandi collezioni di arte decorative europee e orientali (oltre 6000 pezzi) donata dal Duca di Martina alla città di Napoli.

In  onore della nuova proprietaria  il palazzo prende il nome  di “Palazzo Partanna” ed il complesso extraurbano quello di “Floridiana”, distinto, nelle due parti in cui lo divideva un vallone, in  “Villa Lucia” e “Villa Floridia”.

Sempre cara  al consorte, Lucia riceve da Ferdinando doni cospicui, anche se non esorbitanti. Per decantarne la magnanimità e l’affetto coniugale, il Mendolia (in op.cit.) ci tramanda due significativi aneddoti. Il primo si riferisce ai doni che Ferdinando aveva offerto alla sua novella sposa: si trattava dei gioielli che erano stati della defunta Maria Carolina. Fra questi, un diamante talmente grande (il Mendolia riferisce che “era della grandezza d’una fava”) da far pensare ad uno scherzo. Spinta da curiosità la “Partanna” vuole farlo valutare da un esperto gioielliere e, con sua somma meraviglia, apprende che si trattava di un gioiello vero: era il dono che Ferdinando aveva ricevuto dalla suocera Maria Teresa d’Austria, madre di Maria Carolina, come regalo di nozze. In un’altra occasione, nel giorno di Santa Lucia, per festeggiare l’onomastico della moglie, Ferdinando fa trovare nel suo appartamento un grande braciere con cenere e fuoco: solo che “il braciere era costituito da una gran coppa d’argento, la cenere da pezzi colonnati rilucenti ed il fuoco da dobloni d’oro di Spagna”.

Pur non godendo del titolo di Regina, (viene, però, insignita del titolo di Dama della Real Corte; Dama dell’Ordine di Maria Luisa di Spagna e Dama della Croce Stellata d’Austria), Lucia segue spesso il marito nei suoi spostamenti diplomatici: a Lubiana, a Firenze, a Roma e in tante altre capitali di Regni. Moderata e prudente, però, non abusa mai dell’influenza che ha sull’animo del Re per intrigarsi negli affari dello Stato.

Rimasta di nuovo vedova il 4 Gennaio del 1825, prosegue ad usare la stessa discrezione con Francesco I ed Elisabetta, Sovrani successori del fu Ferdinando. E viene ricambiata con particolari riguardi: “dapoichè – nota maliziosamente il Mendolia (op.cit.) – essa scaltrona sempre venerolli da personaggi Reali e prestò loro, anche vivendo Ferdinando, quegli ossequj e cerimonie e liturgie solite pratticarsi di una suddita e con particolarità stretta avea confidenza con la Principessa Ereditaria Elisabetta. Questa con il Sovrano suo sposo, morto il Re padre, se la portarono seco loro a Caserta, ove dimorarono lungo tempo e non gli fu permesso ritirarsi dalla Corte se non al ritorno in Napoli”.

Il  26 Aprile 1826 Lucia muore in Napoli, dopo una grave malattia, “subbitamente” (Mendolia, op.cit.), durante il pranzo che incautamente, in quanto ancora convalescente,  aveva voluto consumare assieme  ai fi gli e alle nuore.

Antonino Passalacqua

 

 

 

 


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