I segretari comunali ostaggi dei sindaci?

SANTA NINFA – PARTANNA – GIBELLINA – SALAPARUTA – POGGIOREALE – Il 30 aprile 2014, il Presidente del consiglio ed il Ministro della Funzione pubblica, con una lettera inviata ai dipendenti pubblici, hanno annunciato l’ennesima riforma della Pubblica Amministrazione.

Per la prima volta, dopo vent’anni, la proposta di riforma, viene sottoposta, prima di approdare in Parlamento, alla pubblica discussione, ed i soggetti sociali ed istituzionali, ma anche singoli cittadini, potranno far pervenire entro il 30 maggio le proprie osservazioni all’indirizzo email rivoluzione@governo.it.

L’approccio costruttivo e partecipativo del governo è senza’altro da apprezzare. Quarantaquattro sono i punti per una nuova pubblica amministrazione, che il governo riassume in tre grandi linee guida: 1. Il cambiamento comincia dalle persone. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi.

Nell’ambito degli interventi di cui al punto 1 (il cambiamento comincia dalle persone) è prevista al punto n. 13 espressamente l’abolizione della figura del segretario comunale.

Come ogni volta quando si parla di tagliare, insorgono gli individualismi, senza guardare all’opportunità, rischiando di ricadere negli errori del passato. Basta rimettere le lancette degli orologi al 1994, per (ri)vivere la stagione delle riforme fallite. In quegli anni, iniziò ad essere modificato l’ordinamento delle autonomie locali, modifica che partì dall’erosione del sistema dei controlli esterni dei “poteri locali”. Vennero eliminati quelli di merito, ridotti quelli di legittimità dei Co.re.co. ed attribuita ai segretari comunali la funzione di esprimere un parere preventivo di legittimità sulle proposte dei provvedimenti.

In quegli anni, sotto la bandiera Leghista, cominciò una campagna fitta, dura, continua contro la figura dei segretari comunali e contro la dirigenza pubblica in generale, che si concluse con la legge 127/1997 che “salvò” i segretari comunali, ma a “caro” prezzo.

La riforma Bassanini, infatti, ha prefigurato il segretario comunale come fiduciario del sindaco e della sua maggioranza; l’alter ego del capo dell’esecutivo, a quest’ultimo “legato” fino alla scadenza del mandato elettorale.

E così, mentre nell’immaginario collettivo, il segretario resta il “garante” della legalità e dell’imparzialità, nonché del buon andamento della P.A.; nell’assetto normativo vigente, come sottolineato dal procuratore della Corte dei Conti della Campania, la condizione dei segretari, è quella di essere “ostaggio dei sindaci”.

Ponendo, le due figure, “garante della legalità”, da una parte; e “ostaggio dei sindaci”, dall’altra; nasce una contraddizione tutta italiana.

Oggi i segretari: sono dipendenti dall’ex Agenzia autonoma (ora ministero dell’Interno); e contemporaneamente dipendenti funzionalmente dal Capo dell’Amministrazione che li nomina. Si tratta di una condizione di autentica follia istituzionale, incompatibile con l’evoluzione che ha subito la P.A. italiana, soprattutto negli ultimi anni. Infatti, il D.L. 10.10.2012 n. 174, ha integralmente rivisto il sistema dei controlli interni, attribuendo numerosi compiti al segretario comunale, primo tra tutti il controllo successivo di regolarità amministrativa sugli atti dell’ente; la L. 190/2012, fissando delle regole per prevenire fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, ha previsto che il sistema sia incentrato sulla figura del responsabile della prevenzione della corruzione, che negli enti locali è individuato, di norma, nel segretario; il D.lgs 33/2013 in materia di trasparenza amministrativa sancisce che all’interno di ogni amministrazione il responsabile per la prevenzione della corruzione, svolge, di norma, le funzioni di Responsabile per la trasparenza.

In questo quadro normativo, oggi, il segretario comunale, rischia di apparire un moderno Don Abbondio, un vaso di coccio stritolabile tra parte politica e parte burocratica che mal tollerano di “essere controllati” da un soggetto che proviene da un altro tipo di formazione, sottoposto ad una diversa disciplina ed altre prospettive di carriera, ma di nomina “politica”. Viste le novità legislative degli ultimi anni, la vera rivoluzione potrebbe essere quella di “sottrarre” i segretari comunali dalla “scure della nomina politica”, in un’ottica di effettiva separazione dei poteri, come proposto dalla “rivoluzione Francese”. Innanzi alla “protesta”, il Ministro Madia, in una lettera inviata al Sole 24 ore,  ha sottolineato: “siamo comunque consci che esiste una non trascurabile differenza del ruolo svolto da un segretario comunale, a seconda che operi in un piccolo o in un grande comune. Nel primo caso, infatti, è indubbio che questa figura possa spesso garantire una professionalità determinante per il buon andamento dell’amministrazione, svolgendo di fatto una funzione di direzione degli uffici e dei servizi. Anche per questo l’orizzonte al quale guardare è certamente quello di un rafforzamento della gestione associata, attraverso un forte potenziamento delle esperienze delle unioni comunali”.

Sarebbe un idea quella di “attuare” lo Statuto dell’Unione dei Comuni, esercitando “insieme” l’Ufficio di segreteria. Con una sola fava si prenderebbero “più piccioni”, si rafforzerebbe un’istituzione, si creerebbe uno “zoccolo duro” su cui costruire il futuro; si eviterebbe “una rotazione” troppo legata agli umori della politica.Il Ministro sembra rivolgersi al nostro territorio.

Nel Belice questa sarebbe la vera “rivoluzione”, e non ci sarebbe bisogno nemmeno di attendere il Parlamento Nazionale. Ma deve essere la politica a volerlo. Ed i cittadini a chiederlo.

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