NATALE senza ipocrisia, né guerre: il vero benessere

di Vito Piazza Lo sappiamo. Tutte le scuole sono ancora impegnate nella costruzione del presepe. Indifferenti al fatto che la scuola pubblica, per sua natura, è laica. Ma a Partanna non vale. E si è indifferenti al fatto che ci siano allievi che praticano altre religioni che meriterebbero rispetto, così come vuole la Costituzione. A Partanna non c’è da meravigliarsi di nulla: ci sono psicologi che promettono benessere universale, scuole che hanno un modo strano di intendere il tempo pieno, idraulici incompetenti che lasciano le case dei clienti alla mercè del gutta cavat lapidem (il rubinetto che perde scava la pietra), tubisti che non sanno un tubo, geometri che si fanno chiamare ingegneri, appuntati che si fanno chiamare brigadieri e psicologhe che scrivono nel loro curriculo PROFESSIONALE che sono cattoliche PRATICANTI (captatio benevolentiae?) come fosse un merito che però nulla ha a che vedere con la psicologia che è – anch’essa – laica fin dai tempi più remoti. Ma è NATALE e se abbiamo premesso quanto sopra è perché amiamo il Natale che non vuole ipocrisia, né guerra.
Scrittori di ogni cultura e posizione politica hanno trattato il tema della guerra nelle loro opere. Tra i più celebri Sun Tzu ne “L’arte della guerra”, uno dei più importanti trattati di strategia militare di tutti i tempi. È un compendio i cui consigli si possono applicare, a molti aspetti della vita, oltre che alla guerra: negli affari, nei rapporti familiari, nel parlare anche con chi ha i neuroni di un’ameba e con chi si crede superintelligente. Dice il nostro: «Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore». Rimaniamo in tema: Israele sta distruggendo Gaza: elimina come Sansone insieme ad Hamas anche tutti i templi, tutte le case, tutta Gaza. Se riuscirà nel suo intento conquisterà un deserto e un cimitero di nemici. Stessa cosa per il conflitto Russia e Ucraina. L’eventuale conquista russa dei territori che l’Onu aveva assegnati sono già deserti di rovine. Comunque andrà a finire, sarà una perdita mostruosa sia per vinti che per vincitori. Grandi condottieri come Napoleone hanno scritto memorie, nello specifico Aforismi politici, pensieri morali e massime sulla guerra, o come Giulio Cesare e il suo “De bello gallico”. Molti altri libri sono stati scritti nei secoli successivi: nel “Della guerra” (Vom Kriege) di Carl von Clausewitz, si legge: «La guerra è un atto di violenza il cui obiettivo è costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà». Sempre nello stesso libro l’autore compie un’analisi del fenomeno: «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi». E di recente Edgard Morin scrive: “… è molto più tardi, dopo l’invasione dell’Ucraina, che è riemersa in me la coscienza della barbarie dei bombardamenti compiuti in nome della civiltà contro la barbarie nazista. Mentre le generazioni che non hanno conosciuto la guerra giustamente inorridiscono per le immagini televisive di case sventrate e di civili assassinati in Ucraina, io mi rammento delle più massicce distruzioni e dei massacri commessi dai nostri, soprattutto americani…ma non ci può impedire di pensare che i massicci bombardamenti di città tedesche e della loro popolazione civile fuori da obiettivi militari precisi costituiscano retrospettivamente dei crimini di guerra sistemici”.
Le guerre ci sono sempre state. E abbiamo scoperto che anche i libri di storia non la raccontano giusta. Giulio Cesare era un eroe. Anzi un guerriero coraggioso. Ma riflettendoci: perché andare in giro ad ammazzare gente per impossessarsi dei loro territori? Un animale va in giro solo per potersi procurare di che sfamarsi e di solito se ne sta pacifico nel proprio habitat: si difende e diventa aggressivo solo quando estranei vogliono spodestarlo e prendere ciò che considera casa sua e cose sue. Ma Giulio Cesare non stava bene a Roma? E perché andare a rompere le scatole ad Asterix & compagnia? E così Napoleone, e così Mussolini e così tanti altri che noi studiamo come eroi. Eroi sono invece Falcone e Borsellino, Rocco Chinnici, Terranova, Livatino, Peppino Impastato, Libero Grassi e tantissimi altri che la nostra scuola ignora o trascura. In Ucraina gli eroi non possono essere tutti ucraini, ci devono essere anche eroi russi. E muoiono da entrambe le parti. La guerra la scriverà chi vince. Ma in realtà nelle guerre non c’è mai un vinto e un vincitore. Sono entrambi perdenti. In ogni guerra, che siano vincitori e vinti, è sempre la povera gente a pagare le conseguenze dei conflitti. È questo il senso de “La guerra che verrà“, la poesia di Bertold Brecht che dice e maledice le sofferenze della guerra sentenziando: “Beato un popolo che non ha bisogno di eroi”. Oggi, a distanza di due anni dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, e la nuova” (si fa per dire) guerra tra Gaza e Israele, le sue parole risuonano più che mai attuali. Purtroppo.
La guerra che verrà/non è la prima./ Prima ci sono state altre guerre./Alla fine dell’ultima/c’erano vincitori e vinti./Fra i vinti la povera gente/faceva la fame. Fra i vincitori/faceva la fame la povera gente egualmente.
Bertolt Brecht era stato profeta nel presagire lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver visto bruciare i suoi libri da Hitler sulla storica Bebelplatz, davanti alla Humboldt Universität a Berlino, era stato costretto a fuggire dalla Germania nazista. Una situazione che purtroppo si ripete nel corso della storia, ogni qual volta le nazioni ricorrono alle armi. Una situazione che sembra riproporsi oggi, con l’inasprirsi dei due conflitti conosciuti e con numerosi migranti e profughi che stanno abbandonando le terre dei conflitti per trovare rifugio altrove. Ma che possiamo fare noi partannesi? Una cosa sola: trasmettere il vero senso del Natale abbandonando il nostro filosofare che afferma che “a un parmu di lu me culu…” E anche diffondere e tenere a mente come promemoria la poesia di Gianni Rodari:
Ci sono cose da fare ogni giorno:/ lavarsi, studiare, giocare,/preparare la tavola,/a mezzogiorno./ Ci sono cose da far di notte:/chiudere gli occhi, dormire,/avere sogni da sognare,/orecchie per sentire./
Ci sono cose da non fare mai,/né di giorno né di notte,/né per mare né per terra:/per esempio, la guerra.

Vito Piazza
psicologo sociale e ispettore MIUR emerito


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