Picciò…Nni sintemu dopu li festi?

di Antonino Bencivinni. La gente pretende i servizi, esige il lavoro e in questo momento e in questa congiuntura odia quanto mai gli sprechi e vorrebbe che ogni spesa fosse funzionale ad un migliore tenore di vita. Da chi governa la gente vuole efficienza massima e non è più disponibile a capire le difficoltà che pure oggettivamente ci sono in un contesto generalizzato di tagli. Né il presidente del Consiglio, né l’ultimo dei sindaci si possono permettere più di giustificare ritardi o inerzie: occorre presentare risultati visibili, a prescindere dalle più o meno riconosciute esperienze e competenze di chi amministra; a maggior ragione a livello locale. Dov’è il lavoro, il turismo sostenibile, lo sviluppo? Dove sono i servizi? Questo chiede il cittadino comune.

Da questo punto di vista non è cambiato molto rispetto al mese scorso a Partanna, anche se ci sono state novità di non poco rilievo: finalmente sono arrivate le autorizzazioni necessarie e sono partiti i lavori di pulizia della città dalle erbacce con l’ausilio di 17 (su 70 ospitati, però) giovani extracomunitari che, assieme agli operai del Comune, stanno provvedendo a rendere la città più presentabile. Il 118 è diventato veramente h24.

Ma poi? Si sono viste ordinanze sostanzialmente repressive (per la verità analoghe a quelle dei sindaci dei comuni vicini), lamentele nei confronti di Sovrintendenze e quant’altro. Ma è purtroppo un problema che richiede soluzioni immediate quello di chi non sa come arrivare alla fine del mese.

E allora? La volta scorsa dicevamo che non è con le feste che si possono placare gli animi, anche se siamo sicuri che porteranno tanti visitatori e renderanno, nei momenti clou, molto viva la città: il sindaco Nicola Catania, anche quando non era sindaco, ha abituato i partannesi a godere di feste e notti bianche invidiabili in grado di richiamare migliaia e migliaia di persone da fuori. Ma è questo lo sviluppo programmato che tutti richiedono? Ci sembra che in questi giorni si voglia far passare questo messaggio: facciamoci le feste (peraltro cosa di non poco conto dal punto di vista organizzativo) e poi si vede. Fateci organizzare e realizzare ben bene e in pace le feste estive e poi cominciate a criticarci. Una richiesta di tregua e di tempo, visto che è già passato un anno dalle elezioni amministrative. Un po’ quello che è riassunto dalla copertina con il linguaggio ironico che la caratterizza da sempre.

Anche le feste come prima la Cena del Grifone, sarebbero certamente meglio capite, come scrivevamo nel numero scorso, se fossero inserite in un contesto amministrativo di grande efficienza in grado di assicurare spinte propulsive per lo sviluppo della città puntando sul turismo e sull’enogastronomia, entrambi alimentati dal funzionamento di ricchezze come quelle rappresentate dal Castello (fornito però di vere guide), dalla Chiesa Madre (che per sfortuna o inefficienza è in perenne restauro e, nelle more, in perenne degrado) o dall’area archeologica di Contrada Stretto che attualmente è inutilizzabile (dopo i milioni di euro a suo tempo spesi con i fondi europei), in quanto si trova in uno stato di degrado che è stato messo bene in luce da un video-shock registrato da un gruppo facebook locale che ha fatto certamente un’opera meritoria di denuncia all’opinione pubblica (e questo secondo noi dovrebbe continuare a fare – ci si perdoni l’ingerenza – piuttosto che scimmiottare i giornali, visto che giornale non vuole diventare). Ma non è il caso di ripeterci e dire, come la volta scorsa, “il tempo (della preparazione) è quasi scaduto, ora è venuto il tempo di presentare risultati significativi”. Aspettiamo, dunque, ancora una volta le feste e la ripresa autunnale?

Intanto Kleos, da parte sua, va in vacanza e si prende le riteniamo meritate ferie estive dando appuntamento a settembre prossimo a tutti i lettori, affezionatissimi e no, che ci auguriamo saranno tantissimi come è successo finora in questi sette anni di attività continua e puntuale svolta anche contro le difficoltà oggettive e la scarsa sensibilità di chi dovrebbe invece sentire il bisogno di sostenere attività, consentiteci, “libere” come la nostra.


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