L’Economia delle aziende sequestrate e confiscate

CASTELVETRANO – Il Decreto Legislativo 159 del 6 settembre 2011, Codice delle leggi antimafia, è una delle più importanti leggi che ha contribuito a combattere le attività mafiose. Il percorso legislativo che ha portato lo Stato a perfezionare nel corso dei decenni le modalità di aggressione ai patrimoni mafiosi è abbastanza lungo, spesso bagnato dal sangue di tanti suoi onesti servitori, disseminato di ritardi, ma ricco di risultati impensabili. Sono trascorsi, infatti, più di sei lustri da quando la cosiddetta legge Rognoni – La Torre introduceva l’innovativo istituto delle misure di prevenzione patrimoniali, sequestro e confisca, diretto a sottrarre i beni illecitamente acquisiti dai soggetti destinatari delle misure di prevenzioni personali previsti dalla legge 575/65. Dopo un inizio difficile ci sono volute le stragi di mafia del 1992 e 1993 per far comprendere la centralità della dimensione economica nel contrasto alle mafie. Con la legge 109/1996 si apre, infatti, una nuova stagione di lotta alle mafie: i beni immobili confiscati potevano rimanere nel patrimonio dello Stato per finalità istituzionali o sociali. Il sequestro e la confisca dei patrimoni illecitamente accumulati hanno così assunto un ruolo sempre più decisivo nel contrasto al riciclaggio del denaro sporco e al reimpiego dei proventi del business delle mafie. Togliere alla mafie i beni ed i patrimoni accumulati con il profitto derivante dall’attività criminale significa colpirli al cuore, togliere la loro linfa vitale. Inoltre con tale strumento si afferma in modo concreto il principio di legalità proprio nei luoghi in cui la mafia afferma il suo potere; si restituiscono ai territori i beni loro sottratti dando un’opportunità di sviluppo e di crescita. La legge tuttavia pone delle criticità importanti che il legislatore ha il dovere di affrontare e risolvere. Nella fase del procedimento cautelare il Tribunale competente provvede a sequestrare il bene. La misura, essendo di natura cautelare, è provvisoria. Il soggetto persona fisica colpito dalla misura si vede temporaneamente estromesso dalla conduzione e gestione dei propri “averi”, ivi comprese le aziende. Nelle more che la giustizia completi il proprio iter al fine di stabilire se i beni sequestrati dovranno essere confiscati o restituiti al “proposto” (proposto per il sequestro finalizzato alla confisca) gli stessi vengono affidati ad un amministratore giudiziario il quale assume il compito di custodirli al fine di evitare il loro depauperamento. Se fra i beni sequestrati vi è anche un azienda, l’amministratore giudiziario avrà il compito di continuarne la gestione al fine di garantire il preservamento del suo valore sociale, dei livelli occupazionali e della sua capacità di stare sul mercato nella legalità. Sappiamo bene che molte volte l’Amministratore Giudiziario si trova dinanzi a situazioni difficili. Le aziende appena sequestrate spesso vivono nella “terra di mezzo”, dove il confine tra la legalità e l’illegalità è così sottile da confondere gli osservatori non professionisti. Sono varie le fattispecie irregolari. Dal personale dipendente che spesso viene trovato o totalmente non dichiarato o sostanzialmente sottopagato, al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul luogo di lavoro, dai debiti tributari non pagati alla gestione delle giacenze falsamente dichiarate e così via. Tali prassi consentono al “presunto mafioso” (proposto delle misure cautelari) di poter stare sul mercato a condizioni di vantaggio finanziario derivanti dai minori costi afferenti il mancato rispetto di molte norme. L’amministratore Giudiziario, ovviamente, appena nominato ha il dovere di ricomporre il quadro gestionale aziendale nel rispetto di tutte le leggi. Questo basta per far comprendere per quale motivo le aziende in amministrazione giudiziaria spesso si trovano in grave difficoltà. Il quadro si fa molto preoccupante quando l’azienda sequestrata appartiene a soggetti particolarmente “pericolosi”. La prima cosa che tali soggetti fanno è quella di fare terra bruciata attorno all’azienda sequestrata al fine di farla rimanere isolata nel contesto relazionale commerciale. Improvvisamente l’amministratore giudiziario si trova privo di fornitori disposti a continuare a vendere le materie prime necessarie per la continuazione dell’attività; i clienti, intimoriti dalla situazione, spesso preferiscono volgere la loro attenzione verso altre aziende abbandonando quella sequestrata. Un quadro difficile da gestire. Noi tutti dobbiamo sapere queste cose e assumere un comportamento solidale nei confronti di tali situazioni, diventare massa critica cercando di favorire queste aziende, per quel che è possibile. Non per creare turbativa commerciale ma per sostenere i prodotti e le aziende tolte alla criminalità organizzata. Una considerazione ci sentiamo di voler sostenere con forza. La tempistica dei procedimenti cautelari. Un celere procedimento patrimoniale è necessario non solo per salvaguardare i diritti di coloro ai quali il bene sarà restituito in caso di revoca del sequestro, ma anche per ottenere un bene confiscato definitivamente rapidamente (per l’utilizzo a fini sociali) e, soprattutto, per ridurre le criticità che si manifestano proprio a causa del decorso del tempo. Gli immobili si possono deteriorare se non manutentati e non occupati. Sappiamo che la durata del procedimento di prevenzione patrimoniale (mediamente 6-7 anni), non è destinata a diminuire significativamente per i termini massimi fissati per la definizione (tra primo e secondo grado 5 anni, oltre le cause di sospensione e il giudizio di Cassazione). La durata dei procedimenti è modificabile con interventi strutturali che richiedono una “seria” volontà “politica” con investimenti che avrebbero ricadute economiche positive in considerazione anche della più rapida acquisizione del bene da parte dello Stato e del risparmio dei costi per l’amministrazione, durante il sequestro e, comunque, prima della destinazione definitiva. Sarebbe auspicabile che il legislatore si faccia carico di tali situazioni.

Gaspare Magro – Victor Di Maria dottori Commercialisti


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